Torino, 29 aprile 2012 - Numero centodiciassette
"Invero nelle società umane
gli elementi utili che le costituiscono non soggiacciono mai a completa
distruzione, non sono cioè né possono essere annientati, ma o allo stato
latente o allo stato attivo, o in forma di persone vive o nelle opere parlate,
scritte, stampate, dipinte, scolpite, operate insomma in qualsiasi guisa e
sotto qualsiasi forma, durano nell’organismo del quale siano parte naturale
ovvero acquisita. Anche quando una istituzione cade, una persona muore, non
scompaiono in tutto gli effetti derivati dal fatto solo della loro esistenza in
un dato momento; si può dire con espressione biblica che perisce soltanto la
figura dell’istituzione o della persona – transit
figura. E se cotesti elementi utili li consideriamo come altrettante
quantità dell’energia che avviva ogni organismo sociale, saremo condotti a
scorgere che nel mondo delle nazioni c’è qualche cosa d’analogo alla legge
della conservazione dell’energia che impera nel mondo della natura. D’analogo,
dico, non d’identico. Certo non si può affermare che la somma delle quantità
costituenti l’energia totale d’un aggregato sociale non possa essere aumentata
né diminuita da qualsivoglia mutua azione degli elementi che lo compongono. Ma
anche nel mondo delle nazioni, dato un momento qualunque della sua esistenza,
vi è costanza nelle svariate guise della vita ch’esso vive; di quella forza
attiva cioè che si estrinseca nella scienza, nell’arte, nella economia,
nell’etica, nel diritto, nella religione. E intanto vi è questa costanza e sino
a tanto dura in quanto e sino a quando gli elementi della composizione abbiano
carattere organico, siano cioè coefficienti necessari dell’organismo,
compiendovi funzioni utili. I quali elementi, come ho testè accennato, possono
essere non solo originari nell’organismo, ma eziandio acquisiti. Infatti la
scienza di un popolo, la sua arte, la sua economia, la sua etica, la sua
religione e via dicendo contengono quasi sempre coefficienti che provengono da
altre genti e si mescolano agli elementi dell’energia vitale propria di quel
popolo e vi durano con pari costanza di quelli e subordinati alle medesime
condizioni. [...]
"La più squisita se nono
sempre la più vigorosa forma dell’energia sociale è quella da cui si sprigiona
la luce intellettuale che dall’uomo irradia su tutto quanto esiste, è lo
spirito scientifico. Il quale, com’è propria caratteristica dell’energia,
compie un lavoro scoprendo il vero; vince la resistenza dissipando l’ignoranza.
Il lavoro è duplice: lavoro d’investigazione che riesce alla teoria; lavoro di
operazione che applica la teoria. E chiamo forma dell’energia
sociale lo spirito scientifico a doppio titolo: perché dall’organismo sociale è
prodotto e perché il lavoro che esso compie è sempre, consciamente o
inconsciamente, lavoro collettivo. Ogni scoperta della scienza pura, ogni
invenzione della scienza applicata ha una storia d’indagini e di prove, di
ipotesi e di tentativi, di verificazioni e di esperimenti, di successi
definitivi o parziali e di insuccessi d’ugual sorta: lavoro molteplice,
diuturno, incessante traverso anni ed anni, a volte traverso i secoli. La
teoria cellulare di Schwann e Schleiden era stata predisposta da Gaspare Wolff,
e la teoria protoplasmica che la distrusse si formò in più d’un secolo da Rösel
von Rosehof sino a Massimiliano Schultze. La teorica della elettricità positiva
e negativa soggiacque ad una faticosa elaborazione da sir Guglielmo Watson a
Beniamino Franklin. La lista di coloro che lavorarono alla produzione e allo
sviluppo della teorica della conservazione dell’energia è lunga dal conte
Rumford a Maxwell. I precursori di Darwin sono una falange; di soli francesi il
Quatrefages ne conta otto. E così dicasi di tante e tante scoperte degli
scienziati. In quanto alle applicazioni degli inventori, le opere svariatissime
che ne espongono le vicissitudini, da’più rozzi conati a’risultati più
efficaci, sono di comune notorietà, trattisi di libri anedottici come quelli di
Figuier e di Smiles o di opere d’elevata coltura, come quella del Reuleaux.Lavoro collettivo sì, ma però quelle teoriche e quelle invenzioni si
designano come opere individuali di coloro che posero nella giusta direzione il
moto dapprima errante del pensiero investigatore o ricercatore. E ben a ragione
perché nelle menti di costoro, come luce in foco, il pensiero scientifico
scintillato da quelle dei precursori e collaboratori si raccolse e concentrò,
svolgendosene poscia più potente ed efficace a vantaggio di tutti, sia ne’
riguardi della speculazione sia in quelli dell’applicazione."
Dal discorso del
Prof. Salvatore Cognetti De Martiis,
professore di Economia e Legislazione Industriale alla Scuola di applicazione per gl'ingegneri, in occasione della solenne
apertura degli studi dell’anno accademico 1894-’95 nella Regia Università di
Torino, letto il 3 novembre 1894.
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