Thursday, February 2, 2012

Numero trentatre

Torino, 2 febbraio 2012 - Numero trentatre

Eugenio Bolley, Perforare per unire, 2011

Nella società delle tecnologie della informazione e della comunicazione la materialità tende a sfumare e a far dimenticare che dietro il software c’è l’hardware, fatto di massa e di energia. Le macchine fantastiche di Eugenio Bolley rendono concreti i sogni di chi riesce a trasfigurare le “cose” più comuni in realtà fantastiche, dando loro la concretezza della materia e la lucentezza dei colori. Mostrare a chi dovrà domani progettare il nostro futuro, anche nel rigore di un contesto “politecnico”, che è necessario lasciare spazio alla fantasia, senza dimenticare che a fianco dell’homo sapiens e dell’homo faber deve sempre coesistere anche l’homo ludens è l’idea centrale della Mostra. Perché il gioco sta alla base non solo dell’innovazione, ma anche dell’etica della ricerca scientifica.
Eugenio Bolley ricupera oggetti comuni, rubinetti e dischi di frizioni, bulloni e raccordi idraulici e li fa diventare macchine fantastiche, per stimolare nuovi pensieri che si dipanano nei sentieri di un pensiero “laterale”. La scelta di portare le macchine di Eugenio Bolley al Politecnico non suona soltanto come una provocazione, ma vuole iniziare un nuovo percorso in grado di coniugare arte e tecnologia, come è accaduto in molte manifestazioni intorno alla diffusione della cultura scientifica come per esempio a Bologna con “Arte e Scienza in Piazza”. La scelta di esporre due “macchine perforatrici” è motivata dal fatto che furono proprio i grandi trafori delle Alpi (Frejus e Sempione) – il risultato di una innovativa cultura politecnica - a proiettare il nostro paese su uno scenario europeo non appena si compì la Unità d’Italia. Per questo motivo la Mostra che ha avuto luogo al Politecnico di Torino dal 24 al 30 marzo 2011 è stata inserita nel programma delle manifestazioni di “Esperienza Italia 150”. (dal comunicato stampa della mostra)


Uno schizzo di Vittorio Marchis

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