Monday, January 30, 2012

Numero trentuno

Torino, 31 gennaio 2012 - Numero trentuno


“It will not burn. It will not melt”. Sono le parole che apparivano sulla copertina di Time Magazine nel settembre del 1924 insieme all’immagine di Leo Hendrik Baekeland, il chimico statunitense di origine belga che “giocando” nel suo laboratorio, nel tentativo di creare un surrogato della gommalacca, si ritrovò tra le mani una nuova plastica sintetica. Baekeland, forse con un pizzico di vanità, battezzò la sua scoperta con il nome di bakelite e nel 1909 ottenne dall’United States Patents Office il brevetto numero 942699. Fu un travolgente successo. Lo stesso inventore coniò lo slogan pubblicitario del suo portentoso ritrovato: “The material of a thousand uses”. L’industria, specialmente il settore elettrico che viveva allora un travolgente sviluppo, sfruttò ampiamente le eccezionali caratteristiche della bakelite. Furono costruiti in bakelite gli oggetti più disparati: penne, scatole, apparecchi elettrici, asciugacapelli, lampade, rasoi, gioielli e altro ancora. Con opportuni processi tecnologici se ne ottenne una versione “colorata” denominata catalina con il quale vennero costruiti i mobili di una famosa serie di apparati radioriceventi commercializzati negli anni Quaranta. La bakelite oggi non è più utilizzata e nuove materie plastiche hanno preso il suo posto. Per non perdere la memoria di questo eccezionale materiale si consiglia la visita di un Museo virtuale che ne ripercorre la storia attraverso una piacevole esposizione di oggetti. (Gianfranco Albis)



Multivoltmetro in bakelite, Collezione MAP

Sunday, January 29, 2012

Numero trenta

Torino, 30 gennaio 2012 - Numero trenta



Nel 2001 l'allora giovane Centro Museo e Documentazione Storica del Politecnico di Torino si classificò come sito web di qualità al Premio Moebius, di Lugano. L'importante riconoscimento fece nascere grandi speranze in tempi in cui ancora tutto era ancora virtuale... Speriamo che i sogni si avverino.

Numero ventinove

Torino, 29 gennaio 2012 - Numero ventinove

Pochi sanno che il Laboratorio di costruzioni della Facoltà di ingegneria, ancora nei primi anni del Novecento era collocato nella Sala delle colonne del Castello del Valentino. E malgrado le apparenze non era un "museo".

Saturday, January 28, 2012

Numero ventotto

Torino, 28 gennaio 2012 - Numero ventotto



La società industriale produce manufatti e nella logica dei consumi l'obsolescenza impone il rinnovamento. Anche le "cose" più ingombranti devono lasciare lo spazio ad altre e così la legge del "dimenticare per ricordare" ci pone spesso di fronte a dilemmi che sembrano insolubili. La sorte subita dallo Stadio delle Alpi ha lasciato, nella dimensione materiale della memoria, solo alcuni "frammenti" che sono stati conservati in questo Politecnico. Ma perché la memoria si mantenga viva il reperto deve subire una metamorfosi, e in questo caso è la dimensione artistica ha operato la trasformazione, sicché un nodo di cavi e tiranti è diventato l'Hydra delle Alpi, opera di Vittorio Marchis. Con un intervento conservativo del "pezzo", messo in sicurezza consolidando le parti mobili, si è provveduto a rendere stabile la struttura che ora si erge verticalmente per dimostrare visivamente il suo dinamismo, dove i cavi tranciati estendono nei trefoli la forza che ricorda la loro originaria funzione. L'intervento artistico, consistente in una coloritura superficiale con toni e forme che la riportano all'aspetto familiare di un "giocattolo" vuole in questo modo smitizzare una funzione tecnologica trasferendola, anche concretamente, a una dimensione quotidiana e familiare. Ma l'Hydra delle Alpi ricorda in un certo senso anche l'operazione che nel mondo antico subivano le sculture di marmo sempre ricoperte da vivaci pigmenti. E così si comprende nella sua totalità il nome che nell'Hydra richiama la mitologia greca e nelle Alpi la sua originaria destinazione. Senza dimenticare che l'Hydra rimanda all'acqua, la protagonista dell’evento del 20 giugno 2011, che la vede collocata negli Spazi del Cortile Vallauri della Cittadella Politecnica dove tiene compagnia al "Punto Acqua Smat".

Numero ventisette

Torino, 27 gennaio 2012 - Numero ventisette


Dal 5 febbraio al 14 marzo 2008 presso i nuovi locali della Cittadella del Politecnico il CEMED ha organizzato la mostra Ingegneri per gioco, giochi per ingegneri, replicata poi al Museo Regionale di Scienze Naturali (9-31 maggio 2008).
Partendo dall’idee che alla base di ogni processo creativo e progettuale vi è il gioco e che nel giocattolo, e nel giocare, si concretizzano i criteri fondanti dell’ingegneria, la mostra ha trasferito sul piano ludico quegli ambiti culturali che solo istituzionalmente appartengono, per convenzione, alle categorie degli ingegneri.
I giocattoli presenti in mostra erano provocatoriamente riuniti in sezioni che rappresentavano le diverse discipline dell’ingegneria (costruzioni-architetture, aeronautica-spazio, energia-ambiente, matematica-fisica, materiali-processi, automazione-robotica, meccanica-trasporti, logistica-management, elettronica-telecomunicazione). Oggetti evocativi appartenenti a un altro mondo fanno riflettere sul mestiere dell’ingegnere che, a partire dai primi stadi dell’invenzione, realizza, attraverso lo sviluppo prototipale e l’ingegnerizzazione, il prodotto finito e la sua gestione organizzativa. (Olivia Musso)

Wednesday, January 25, 2012

Numero ventisei

Torino, 26 gennaio 2012 - Numero ventisei



Accadeva nel dicembre del 1871, quando il giornale satirico "Il Fischietto" pubblicava la sua strenna per l'anno a venire. Anche intorno alla tecnica, e non solo alla politica, si poteva ridere...








Tuesday, January 24, 2012

Numero venticinque

Torino, 25 gennaio 2012 - Numero venticinque

GIOVANNI JARRE (Torino, 1924 – Torino, 1988)
Laurea in Ingegneria meccanica, 1948ù


Durante la Guerra frequentò i corsi per allievi ingegneri presso il campo profughi di Losanna, quindi si iscrisse al Politecnico di Torino nel 1942. Qui si distinse subito per la sua capacità tecnica, per le doti di innato ingegno e per la profonda attenzione ai problemi pratici e applicativi.
Allievo del prof. Modesto Panetti, fu prima assistente di Meccanica razionale e poi di Meccanica applicata alle macchine. Nel 1956 vinse la Cattedra di Meccanica applicata alle macchine e nel 1958 divenne Professore di ruolo, prima di Aerodinamica, poi di Gasdinamica presso la Scuola di Ingegneria Aerospaziale del Politecnico di Torino.
Al Politecnico fece ricerche nel campo delle turbomacchine, della meccanica applicata, della aerotermogasdinamica, nella meccanica dei fluidi. Nel 1973 fu nominato direttore l’Istituto interdisciplinare di Meccanica Applicata, Aerodinamica, Gasdinamica sino al febbraio del 1979.
Nel 1974 divenne direttore del Centro Studi sulla Dinamica dei Fluidi del Consiglio Nazionale delle Ricerche, con sede a Torino e il suo impegno negli organi centrali del Consiglio Nazionale delle Ricerche, lo portò a contatto con sempre nuove realtà del mondo tecnico scientifico nazionale ed internazionale. Proprio in questa sede nacque una profonda amicizia con Giuseppe Colombo e con Mario Silvestri.
Fu nominato membro del Comitato Direttivo dell’INSEAN (Vasca Navale) del Ministero della Marina Mercantile di Roma, fu presidente del Consiglio Scientifico del Centro di Studio per le Ricerche sulla Propulsione e sull’Energetica (CNPM del CNR) di Milano e fu membro del Consiglio Scientifico del Centro per gli Studi di Tecnica Navale (CETENA) di Genova.


Negli anni Cinquanta si occupò anche della formazione professionale nel campo dell’impiantistica industriale e della termomeccanica presso l’Olivetti di Ivrea.
Socio corrispondente dal 1960 e socio effettivo dal 1983 dell’Accademia delle Scienze di Torino, fu attivo per promuoverne ricerche storiche e una mostra celebrativa che fu inaugurata poco prima della sua morte.
Anche presso l’Archivio Nazionale cinematografico della Resistenza, dove era presidente del Consiglio dei Revisori dei Conti, così come presso la Fondazione Giorgio Amendola diede un vivo e attivo contributo, che andò al di là dei compiti istituzionali, nell’impegno nella ricerca e nel dovere sociale. (Margherita Bongiovanni)

Numero ventiquattro

Torino, 24 gennaio 2012 - Numero ventiquattro


Nel 2006, in occasione del Centenario del Politecnico fu preparato un Abbecedario che si è trasformato in una serie di stendardi esposti nella "manica di approdo" su Corso Castelfidardo. Un occasione oggi per ricordare, sull'esercizio di stile dell'ABC, un po' di nostra storia.




AUTOMOBILE,“L’automobile un tempo era più un sogno inarrivabile, che un mezzo di trasporto o uno strumento di produttività.” (1990), Alberto MORELLI
BREVETTO,“Le privative industriali, i marchi, i segni distintivi di fabbrica e i modelli industriali sono al centro di una nazione che è protagonista nell’Europa.” (1872), Giovanni CODAZZA
CATALIZZATORE,“Come le sogliole, esseri a due dimensioni, non riescono a concepire il concetto di volume, così anche noi, nei confronti delle trasformazioni energetiche, siamo delle “sogliole”, che sanno cosa sono la pressione e la temperatura, ma non riusciamo a capire che cosa sia l’entropia....” (1972), Ernesto DENINA
DIGA,“Nella verifica statica di una costruzione bisogna valutare anche gli eventi storici né si devono dimenticare le informazioni che provengono dai vari rilievi effettuati e dai documenti originali del progetto.” (1954), Giuseppe ALBENGA
ELICA,Il progresso dell’aeronautica è la sintesi di molti saperi ed è il frutto delle conoscenze accumulate nei campi delle strutture, della aerodinamica teorica e sperimentale, della propulsione...” (1953), Giuseppe GABRIELLI
FILTRO,“Gli uomini da sé non sanno riconoscere l’ambiente, hanno molti vizi personali: fumano, abusano dell’automobile, scaldano troppo le case, pretendono che l’aria sia pura e disconoscono le responsabilità personali, di cui le piante sono specchio fedele.” (1972), Carlo MORTARINO
GALLERIA,“La questione della perforazione dei fori di mina è stata risolta con uno strumento di semplice costruzione, potente ed elastico, affidabile e maneggevole...” (1856), Germano SOMMEILLER
HABITAT,“Come sempre, è un problema di sensibilità; al facile dilemma se violentare o copiare, occorre rispondere affrontando il terzo corno che, come sempre, si identifica nel creare in armonia con il genio del luogo.” (1965), Carlo MOLLINO
INCHIOSTRO,“La stampa e le sue tecnologie, considerate nell’evoluzione dello spirito e delle conoscenze, non possono non considerarsi se non inserite nei contesti culturali, ed osiamo dire trionfalmente, nella Storia generale dell’umanità.” (1974), Giuseppe Maria PUGNO
LATERIZIO,“La costruzione laterizia è la più consentanea ai nostri costumi italiani, la più conveniente ai nostri interessi e doveri, per impiegare a preferenza i materiali di cui la natura ci fu prodiga.” (1864), Alessandro ANTONELLI
MICROCHIP,“L’elettronica ha un grande futuro e le telecomunicazioni a mezzo di satelliti sono un’occasione splendida per svolgere ricerche di ogni genere... e c’è lavoro per tutti.” (1966) , Mario BOELLA
NEOLIBERTY, "Se cerchiamo sui banchetti i libri di un poetico passato, questo succede perché siamo stanchi di una dieta saggia. Ci interessano i pionieri non perché annunciano il verbo prima dell'avvento, ma per quel tessuto di realizzazioni vive, che fu comune a loro e ad altri, in un passato non poi così lontano.” (1957), Roberto GABETTI
OBIETTIVO,“L’ottica fa ogni giorno passi da giganti... Con il cinema sonoro una fettina di pellicola cinematografica, rubata agli occhi della Garbo o al sorriso di Chevalier, è consegnata al freddo misterioso codice della registrazione fotografica del suono. Un pezzettino che l’arida tecnica ha rubato all’arte.” (1931), Eligio PERUCCA
PIANO URBANO,“...a poco a poco, in una modestia estrema di materiali, [i Savoia] vennero attuando quella lungimirante ampiezza e regolarità di tracciati per cui la capitale, col suo aspetto di soggiogante disciplina e razionalità, espresse in modo tangibile il carattere della loro monarchia.” (1945), Mario PASSANTI
QUADRANTE,“L’analisi e la sintesi sono le due braccia della Geometria. Quale poi sia il braccio destro e quale il sinistro non istiamo qui a discutere.” (1895), Enrico D’OVIDIO
ROBOT,“La macchina ha una duplice funzione: quella di trasmettere il movimento e quella di trasmettere le forze. Della prima si occupa la Cinematica e della seconda la Dinamica.”, Carlo FERRARI
STADIO,“Bisogna che i lavoratori sappiano che l’efficienza della ricerca scientifica non interessa soltanto il mondo della cultura e del pensiero, ma interessa non meno vivamente e non meno direttamente il loro mondo: il mondo della produzione e del lavoro.” (1950), Gustavo COLONNETTI
TRASFORMATORE,“Io quando mi trovo nella stazione centrale di un grande impianto elettrico... prima dell’importanza industriale sento irresistibilmente l’importanza scientifica, prima dell’utile materiale avverto l’utile intellettuale.” (1893), Galileo FERRARIS
UTENSILE,“I prodotti di disegno industriale assumono l’uomo come variabile indipendente e si rifanno, pertanto, alla sua struttura anatomica, alla sua fisiologia, ai suoi processi di elaborazione dell’informazione e di decisione, ai suoi riferimenti relazionali di ordine culturale, sociale, affettivo.” (1984), Giuseppe CIRIBINI
VELA,“Per le strutture superficiali, come i gusci e le vele, dove l’elemento resistente si fonde con il rivestimento, bisogna riscrivere l’intera scienza delle costruzioni.” (1955), Placido CICALA
ZERO-UNO,“In una società sempre più affollata di numeri, il capitale, costituito dall’insieme di quei beni che funzionano come strumenti in senso economico, è un mezzo che sussidia e ravvalora l’energia del lavoro umano e della natura.” (1896), Salvatore COGNETTI DE MARTIIS

Monday, January 23, 2012

Numero ventitré

Torino, 23 gennaio 2012 - Numero ventitré



John Napier, Edmund Gunter, William Oughtred, John Robertson, Amédée Mannheim: sono alcuni dei personaggi che hanno segnato la nascita, lo sviluppo e la diffusione del regolo calcolatore logaritmico. Una storia che comincia nel 1614 e si conclude a metà degli Anni ’70 del secolo scorso con l’avvento delle prime calcolatrici elettroniche. Fino a quel momento i regoli calcolatori erano gli unici, incontrastati, strumenti di calcolo scientifico esistenti. Negli spazi espositivi di Ateneo, il Centro Museo e Documentazione Storica ha voluto dedicare un doveroso tributo a questo strumento di calcolo organizzando una mostra che si è conclusa a dicembre 2010. Il catalogo della mostra, dal titolo “Slide Rule, il regolo calcolatore nell’era del calcolo analogico”, è disponibile presso le Edizioni Nautilus, Torino. Nell’organizzare la mostra si è scelto di prendere in considerazione la produzione più significativa dei fabbricanti più importanti e famosi quali Faber-Castell, Nestler, Pickett e Aristo. Lineari, circolari oppure cilindrici; in legno, alluminio o plastica: materiali e forme differenti per testimoniare l’evoluzione tecnica e tecnologica di un oggetto ormai consegnato all’oblio. Una quarantina di pezzi con dimensioni variabili da poco più di 10 cm fino al metro e mezzo. E poi ancora libri e manuali, a partire dal famoso trattato compilato da Quintino Sella nel 1859 il cui travolgente successo generò l’erronea convinzione che il regolo calcolatore fosse stato inventato proprio in quell’anno.


Il regolo calcolatore è esente dagli attacchi virali informatici che funestano i moderni calcolatori elettronici. Ancora più stupefacente è il fatto che continui a funzionare senza bisogno di alcuna batteria. Resta solamente il dubbio di quanti, fra i molti che hanno visitato la mostra, siano ancora in grado di usare questo stupendo strumento di calcolo. (Gianfranco Albis)

Sunday, January 22, 2012

Numero ventidue

Torino, 22 gennaio 2012 - Numero ventidue

Tra gli oggetti delle collezioni del Politecnico di Torino, alcune macchine restano ancora sconosciute, anche se nel passato hanno svolto importanti funzioni nella ricerca. una di queste è la "macchina elettrica" che qui si presenta. Prima che la memoria scompaia del tutto si invita il pubblico a contribuire alla sua documentazione.

Numero ventuno

Torino, 21 gennaio 2012 - Numero ventuno



Il Progetto Alfieri finanziato dalla Fondazione CRT dal titolo “Analisi e valutazione di contesti storici e dell’impatto sul territorio dell’industria dei leganti nel Monferrato Casalese” ha visto coinvolti i Dipartimenti di Meccanica (prof. V. Marchis), Progettazione Architettonica e Disegno Industriale (prof. C. Bertolini), Ingegneria dei Sistemi edilizi e territoriali (prof. P. G. Bardelli) del Politecnico di Torino, nonché il Centro Museo e Documentazione Storica. Tema centrale del progetto è fra l’altro il come mantenere viva la memoria materiale di edifici obsoleti e di difficile reimpiego legati all’importante produzione di cemento naturale avviatasi alla fine del XIX secolo nel Casalese. Industria primaria del Casalese, dall'estrazione delle marne sino a tutte le attività di trasformazione, quella del cemento ha interessato per oltre cento anni migliaia di lavoratori nelle cave e negli impianti. Imprenditori e finanzieri, industriali e tecnici di rilievo hanno legato il loro nome al cemento dal Casalese: Riccardo Gualino, Giuseppe Porcheddu, Pietro Fenoglio, Giovanni Agnelli, le famiglie Buzzi e Pesenti. Numerose tracce materiali (stabilimenti, pozzoni, piloni, coperture di protezione, magazzini, manufatti artistici, macchinari,…) ormai abbandonate costellano il territorio casalese. Come fare a mantenere viva una memoria che ha bisogno di memoria materiale per sopravvivere?
La risposta richiede l'elaborazione di linee guida che aiutino nelle proposte di attuazione volte alla salvaguardia e alla rifunzionalizzazione dei reperti di archeologia industriale. Perché non rivolgere uno sguardo anche alla land art?. In questo caso i piloni in calcestruzzo armato delle teleferiche, che trasportavano i minerali dalle cave monferrine ai luoghi di lavorazione, potrebbero divenire i punti luminosi che ritracciano oggi i percorsi della marna. Un gioco di luci, eventualmente dai colori diversi, che richiama con una tecnica moderna un’attività antica di cui si vanno perdendo le tracce e i ricordi. (Olivia Musso)

Friday, January 20, 2012

Numero venti

Torino, 20 gennaio 2012 - Numero venti

La rivoluzione indotta dalle lampadine a incandescenza, che vide anche nel nostro Paese la presenza di geni dell’innovazione tra cui spicca la figura di Alessandro Cruto, fu così diffusiva da essere uno dei principali stimoli per una elettrificazione totale del territorio nazionale. E così in pochi anni i vecchi lumi a petrolio e le lampade a gas lasciarono il posto ai bulbi elettrici e l’umile lampadina illuminò il mondo.
In occasione di Esof 2010 nell’ambito delle iniziative per la diffusione della cultura scientifica e tecnologica promosse dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR) con la legge 6/2000, il Centro Museo e Documentazione Storica del Politecnico in collaborazione con il museo “Sogno di luce: la lampadina di Alessandro Cruto” di Alpignano (TO) ha portato negli spazi espositivi dell’Ateneo la mostra Sabbia, carbone e altro ancora: la lampadina, confermando così la volontà di aprire i locali dell’Università a un pubblico più vasto al fine di integrare in un nuovo sistema quanti operano sulle frontiere della scienza e della tecnologia. Catalogo Edizioni Nautilus (Olivia Musso)

Thursday, January 19, 2012

Numero diciannove

Torino, 19 gennaio 2012 - Numero diciannove


Uno dei primi protagonisti dell’informatica “personale” fu l’innovativo Apple I che vide la luce nel lontano 1976. Era basato sul microprocessore 6502. Uno degli ultimi esemplari ancora esistenti di questo calcolatore è stato acquistato da un collezionista privato torinese. Il desiderio di “risvegliarlo” e di riportarlo agli antichi splendori ha visto coinvolti il Dipartimento di Elettronica e il CEMED che, mettendo a frutto le rispettive competenze, hanno organizzato un evento di grande impatto mediatico. L’evento, che si è svolto il 10 maggio 2011 nell’Aula Magna del Politecnico, ha avuto tre protagonisti d’eccezione. Da una parte, un gruppo di tecnici esperti equipaggiati con oscilloscopi, voltmetri e saldatoio affrontava il lavoro di riparazione del calcolatore. Dall’altra parte, un gruppo di scienziati e ricercatori hanno ripercorso le vicende, vissute in prima persona, che hanno portato l’informatica nelle case di tutti, facendola diventare una delle componenti della società contemporanea. Infine, ma non meno importante dei due precedenti, una rassegna di calcolatori prodotti tra gli Anni ’70 e gli Anni ’80 provenienti dalla collezione CEMED. Accanto ai piccoli calcolatori “personali” sono stati esposti anche grossi “mainframe” proprio con l’intento di far capire al folto pubblico presente, costituito in gran parte da studenti, che la “rivoluzione informatica” ha significato sia una riduzione degli ingombri che un incremento delle prestazioni di questi diabolici oggetti ormai protagonisti indiscussi delle nostre esistenze. (Gianfranco Albis)

Wednesday, January 18, 2012

Numero diciotto

Torino, 18 gennaio 2012 - Numero diciotto


Il giorno 18 gennaio 2012 i membri del Comitato del Museo e Documentazione Storica del Politecnico sono stati ricevuti dal pro rettore e dal direttore amministrativo secondo quanto richiesto dall'ultima riunione di mercoledì scorso. Erano presenti il prof. Marco Gilli, la sig.ra Maria Schiavone, il dott. Enrico Borgo e i membri del Comitato ing. Gianfranco Albis, e i professori Fiorucci, Novello e Marchis. Dal colloquio è emerso che:


1. la ristrutturazione amministrativa del Politecnico comporterà una gestione centralizzata in staff al direttore generale del personale afferente alle attività del Museo e della Documentazione Storica. Al direttore generale, o a suoi delegati saranno riferite tutte le pratiche del personale;
2. le funzioni scientifiche e operative restano per ora immutate nella loro delega al responsabile scientifico affiancato dal Comitato;
3. per quanto riguarda gli spazi, anche su sollecitazione del Comitato, sarà cura della Amministrazione il provvedere alla pianificazione di un progetto che in futuro dovrà portare alla realizzazione di una sede sia operativamente sostenibile per le funzioni richieste, sia in grado di fornire anche all'esterno un'immagine adeguata del patrimonio storico scientifico e tecnologico dell'Ateneo.

Da parte di tutti è emersa la necessità di rafforzare i collegamenti tra Amministrazione e Museo onde ottimizzare le risorse e per realizzare in tempi ragionevoli i progetti in corso.

Tuesday, January 17, 2012

Numero diciassette

Torino, 18 gennaio 2012 - Numero diciassette




"Le macchine che contano" – proprio per la loro natura di machinae, ovvero artefatti destinati a cambiare l’ordine delle cose – sono l’oggetto di un percorso ch prende il via dall’uso dei sassi come unità naturali per contare e, lungo secoli di innovazioni tecniche, ci accompagna attraverso le invenzioni di Blaise Pascal fino agli attuali personal computer, ai telefoni cellulari, alle consolle di videogiochi e ogni marchingegno in gradi di compiere operazioni di calcolo numerico e molto altro che ha a che fare con l’atto del contare. Dal contachilometri Veglia Borletti (1975) all’abaco cinese (1990), dall’addizionatrice Comptometer Felt and Tarrant Manufacturing (1914) al contatore dell’energia elettrica delle Officine Galileo (1920), dall’home computer Vic 20 (1980) al personal computer Apple IIe (1983), dal registratore di cassa RIV (1935) al personal computer Prodest PC 1 (1987), dalla calcolatrice programmabile TI-59 (1977) al telefono cellulare Nokia 8210 (1999) tanto per citare alcune delle macchine protagoniste di una mostra inaugurata dal Centro Museo e Documentazione Storica a novembre 2009 nelle vetrine dei corridoi del Politecnico. Tutti questi oggetti alla base della nostra tecnologia attuale hanno suscitato il vivo interesse degli studenti, che a centinaia sono passati davanti alle teche e si sono soffermati a osservare questi pezzi di “archeologia dei numeri”. (Olivia Musso)

Numero sedici

Torino, 17 gennaio 2012 - Numero sedici



Strumenti per la misurazione delle grandezze elettriche a partire dalla prima metà dell’Ottocento fino agli anni Cinquanta del secolo scorso. È la mostra Strumentaria elettrica che il CEMED ha allestito dall’11 maggio al 27 maggio 2009 negli spazi espositivi di Ateneo. In mostra elettroscopi, elettrofori, bottiglie di Leyda, galvanometri di Nobili e di Deprez-D’Arsonval, pile campione Weston, pile Grenet e Leclanchè e altro ancora. Una sezione della mostra raccoglieva e proponeva una serie di pubblicità d’epoca dei costruttori di strumenti per la misurazione di grandezze elettriche. La mostra ha avuto un significativo successo confermando la necessità di incrementare questo tipo di iniziative volte alla diffusione della cultura scientifica e tecnologica. A conclusione della mostra si è tenuta una lezione pubblica riguardante la "Autopsia” di un contatore di energia elettrica". (Gianfranco Albis)

Sunday, January 15, 2012

Numero quindici

Torino, 16 gennaio 2012 - Numero quindici


Ancora un documento datato 2008 a testimonianza dei progetti, sviluppati e purtroppo sinora non ancora realizzati, da parte del CEMED del Politecnico di Torino.

PROGETTO L’OfT (L'Officina Torinese)
Giugno 2008
a cura di Vittorio Marchis



La prospettiva di collocare in un edificio industriale le consistenze materiali dei reperti tecnologici e industriali, al fine di creare uno spazio espositivo e comunicativo della “memoria della Torino delle macchine” vede il Centro Museo e Documentazione Storica del Politecnico di Torino favorevole alla costituzione di un “polo”, il quale, potrà risolvere in primis i gravi problemi “di archiviazione e di spazi” dei propri materiali e delle proprie macchine. Ma non solo, perché ormai sono molteplici le esigenze di privati e di imprese che, mutate le proprie attività, intendono affidare a un’istituzione la propria memoria materiale, fatta di macchine, di modelli e di prodotti.





Il L’OfT non è un “museo” perché non conserva passivamente la memoria del passato, ma piuttosto ripropone il passato come chiave per interpretare il presente e per progettare il futuro.
Il L’OfT non è un “magazzino” perché i materiali in esso conservati si mettono a disposizione del pubblico come i libri di una biblioteca o come i documenti di un archivio.
Il L’OfT non è una “scuola” perché non si propone come centro di istruzione ma come luogo di partecipazione attiva di un pubblico eterogeneo, e non specificamente scolarizzato.
Il L’OfT non è un “teatro” nel senso tradizionale perché in esso le “macchine” e le “cose” sono i veri attori delle rappresentazioni che le coinvolgono.
Il L’OfT non è una “galleria” dove si espongono temporaneamente degli oggetti, ma piuttosto una “strada” dove si possono incontrare i protagonisti dei contesti industriali e tecnologici della “Torino delle macchine”.

In una prima idea progettuale, si dovrebbero prevedere, a fianco delle “cantine”, dove si depositano in riserve accessibili e consultabili le scritture materiali della “Torino delle macchine”, anche un “teatro delle macchine” (con una capienza di 150 posti, per le attività pubbliche e di spettacolarizzazione), una “passerella” (eventualmente strutturata anche su più piani per la esposizione temporanea dei reperti) e una “officina” (per il il restauro e la gestione dei materiali). Il L’OfT potrà essere vero crocevia di culture e saperi, dalle tecniche alle filosofie.

Saturday, January 14, 2012

Numero quattordici

Torino, 15 gennaio 2012 - Numero quattordici

Il 2 giugno 1885 Giovanni Gilardini, piemontese, ottiene presso il prestigioso United States Patent Office il brevetto n. 319225 relativo ad un ombrello con apertura e chiusura automatiche. Gilardini era originario del Vergante, il territorio situato nelle province del Verbano-Cusio-Ossola e di Novara che si estende tra il lago Maggiore, il Mottarone e il lago d’Orta. Il distretto industriale del Vergante può vantare nel settore degli ombrelli una lunga tradizione, prima artigianale e poi industriale, che nasce alla fine del Settecento. A metà Ottocento si stima esistessero almeno 170 “dinastie” di ombrellai attive in 50 località circostanti il comune di Gignese. Nel 1939, proprio nel comune di Gignese, nasce il progetto di un museo dedicato a questo oggetto di uso comune che da queste remote colline del Piemonte ha invaso il mondo. Nel 1976 il trasferimento in una nuova sede, seguito poi da alcune ristrutturazioni a metà degli anni ’80, ha portato all’attuale allestimento museale. Il Museo dell’Ombrello e del Parasole è oggi una raccolta di più di 1500 pezzi, soprattutto parasole e parapioggia, che raccontano l’evoluzione di questo oggetto dall’Ottocento ad oggi. Accanto a questi non mancano i materiali di copertura, la seta e le fibre sintetiche, le impugnature in avorio, in legno e in argento, gli attrezzi di lavoro e una ricca raccolta di fotografie che testimoniano l’attività degli ombrellai. Il Museo può vantare la presenza di diecimila visitatori all’anno, di cui buona parte stranieri. Tali risultati, a detta dei curatori, sono stati raggiunti con la collaborazione di tutti coloro che credono che il futuro si costruisce solo radicandosi nel passato. (Gianfranco Albis)