Tuesday, February 28, 2012

Numero cinquantanove

Torino, 28 febbraio 2012 - Numero cinquantanove


MIRO GAMBA (Bellagio - CO, 1879 – Bellagio - CO, 1957)
Laurea in Ingegneria civile, 1902


L’ingegnere Miro Gamba ha ripreso la sua posizione: e questa lodevolissima pertinacia del miglior scienziato dei pesi vuole un encomio speciale: noi vorremmo che tutti i moderni pesisti si modellassero su questo magnifico esempio di grande forza naturale, accoppiata ad uno studio e ad un entusiasmo che oggidì raramente è dato riscontrare. La sua vittoria incontrastata nei medi, ad una notevole distanza da Ferrara, indica esaurientemente la forma del Gamba.
"Gazzetta dello Sport", 21 dicembre 1914

Lo sport non è del tutto assente nella storia del Politecnico di Torino: Miro Gamba studente e successivamente docente al Politecnico, fu anche un grande campione. Completato il biennio di Fisica e Matematica all’Università di Pavia, si trasferì a Torino per iscriversi alla Scuola di applicazione per gl’ingegneri, dove conseguì la laurea in Ingegneria civile. Diventerà subito assistente di Macchine tecniche e Scienza delle costruzioni, ottenendo l’insegnamento di Materiale ferroviario nel 1906. Le cronache sportive cominciarono a occuparsi di Miro Gamba quando, nel 1901, conseguì una netta vittoria al secondo campionato piemontese di sollevamento pesi, dove il campione uscente era un altro ingegnere, Silvio Brigatti.
Dotato di una straordinaria forza fisica, nonostante la conformazione da normotipo, Gamba si dedicò all’atletica “pesante”: fu sette volte campione piemontese di sollevamento pesi, miglior peso medio europeo (1903-05), miglior sollevatore italiano (1907-10) e miglior peso medio italiano (1913-14), autore di diversi primati italiani ed europei, giudice di gara e dirigente federale, nonché nuotatore infaticabile.
Nel 1914 ottenne la libera docenza in Strade ferrate e nel corso della sua carriera accademica resse anche le cattedre di Macchine termiche, Tecnologia meccanica, Organizzazione tecnica delle industrie, Tecnica ed economia dei trasporti e Tecnologie speciali aeronautiche.
Prestato servizio come ufficiale di complemento presso l’aeronautica nella I Guerra Mondiale, Gamba ebbe molteplici attività: realizzò una scuola per motoristi e diresse alcuni complessi industriali. Negli anni Venti progettò lo Stadio Filadelfia di Torino (1926), voluto dal Conte Enrico Marone di Cinzano.
Raggiunta l’età pensionabile, proseguì l’attività di ricerca come direttore dell’officina Meccanica del Politecnico fino alla malattia, che lo afflisse per tre anni prima della scomparsa. (Olivia Musso)

Monday, February 27, 2012

Numero cinquantotto

Torino, 27 febbraio 2012 - Numero cinquantotto

Archeologia industriale in Germania nella zona della Rühr

A Bochum c’è il museo tedesco dell’industria mineraria, il Deutsches Bergbau-Museum; a Dortmund la grandissima miniera di carbone Zollern II/IV, considerata modello ai tempi in cui era attiva e architettonicamente molto pregevole (sala macchine Jugendstil, sede amministrativa in forma di castello,…), è ora trasformata in Museo innovativo della vita dei minatori e ancora si può visitare lo spazio espositivo del Gasometro di Oberhausen. A Duisburg si può visitare la riqualificazione di un’industria metallurgica in centro sociale e polivalente e la trasformazione di un magazzino portuale in Museo della fotografia Küppersmühle, opera del pluripremiato duo svizzero Herzog&deMeuron. A Bottrop vi è il Tetraeder, un’installazione luminosa di notte a libero accesso realizzata in tubatura d’acciaio (alta m 60) su un cumulo di scorie ora trasformate in parco paesaggistico: è possibile salire tramite scale fluttuanti alle 3 piattaforme panoramiche che lo completano; ad Essen gli edifici della Miniera di carbone di Zollverein sono stati riqualificati in museo della Rühr, ristorante, museo di design (Red Dot Design Museum di sir Norman Foster), atelier di artisti, negozi di design,… mentre l’area fruisce di interessanti percorsi ciclabili e pedonali anche rialzati che sfruttano le infrastrutture minerarie. A Witten è possibile visitare una miniera di carbone; ad Hattingen esiste il Museum of Iron and Steel in un ex impianto produttivo. Se si visita Bocholt si può trovare il Museo del tessile. A Lage si visita una fabbrica di mattoni e si può seguirne tutto il processo produttivo, mentre a Petershagen è offerta ai visitatori la fabbricazione del vetro. (Olivia Musso)

Numero cinquantasette

Torino, 26 febbraio 2012 - Numero cinquantasette


Niente cultura, niente sviluppo: uno slogan che adesso deve trovare modo di diventare concreto, a partire dal mondo della Scuola. Già se ne parlò alcuni numeri fa. Si legge ora che i ministri Passera, Profumo e Ornaghi hanno inviato una lettera al direttore del "Sole 24 Ore" esprimendo il loro ringraziamento per l'iniziativa. Ma ora è necessario che dalle parole si passi ai fatti perché la Scuola, a partire da quella Secondaria, deve ricevere un nuovo impulso per rinnovarsi non sontanto nei contenuti, ma anche nel senso dell'istituzione. E questo è un processo lungo e, diciamolo pure, costoso. Come tutti i veri investimenti i risultati non possono giungere nell'immediato e pretendere di valutare la bontà di un provvedimento in base a quanto accade entro l'anno sarebbe una pia illusione. E non si può neppure pensare che la Scuola sia valutabile come un'impresa industriale, perché altrimenti non solo non si avranno né Teaching University Research University, ma soltanto "production university", braccio operativo di un sistema che, così come è, non sa fare cultura.

Alcune perplessità ci giungono da Michele Dantini.

Saturday, February 25, 2012

Numero cinquantasei

Torino, 25 febbraio 2012 - Numero cinquantasei


“Tra i visitatori dell’Esposizione - scriveva il Vernier in una delle sue Causeries scientifiques - ben rari sono quelli che hanno rinunciato allo spasso di farsi trascinare da un capo all’altro del palazzo delle macchine sopra uno dei ponti appoggiati sulle quattro file di travi di ferro che servono di sostegno alle innumerevoli trasmissioni necessarie agli apparecchi in movimento. Quelle travi insistono sopra leggiere colonne di ghisa; alla loro sommità portano una rotaja e da una trave all’altra sta un ponte appoggiato su girelle che scorrono sulla rotaja. Quel ponte è sempre carico di gran numero di persone che, sentendosi mosse da una forza invisibile, percorrono in breve tempo e senza fatica alcuna tutta la lunghezza del palazzo, lunghezza non minore di 400 metri, passando sopra le macchine in movimento che compiono il loro lavoro quotidiano. Come si ottiene lo spostamento di quei ponti che non hanno meno di 18 metri di lunghezza da una trave all’altra e 5 metri di larghezza , e che offrono ai visitatori una superficie di 90 metri quadrati? Lo si ottiene per virtù dell’elettricità. […]”. (Emilio Desbeaux, Fisica moderna, traduzione con note dell’ing. Americo Zambelli, illustrata da 510 incisioni, Milano: Società Editrice Sonzogno, s.d., p. 411). Un suggerimento da proporre per una trasformazione museale delle Officine Grandi Riparazioni (OGR) delle Ferrovie? (Gianfranco Albis)

Numero cinquantacinque

Torino, 24 febbraio 2012 - Numero cinquantacinque


E' in corso negli spazi espositivi del Politecnico l'allestimento della mostra "Cristallo polvere roccia" che vuole percorrere le fasi della produzione di oggetti comuni dalle materie prime grezze sino al prodotto finito. Una mostra che ha già avuto importanti uscite a Siena e a Rovereto e che ora arriva rinnovata nella nostra Regione. Curatrice della mostra è Sara Calabrò che si avvale della collaborazione del Museo del Politecnico.

Thursday, February 23, 2012

Numero cinquantaquattro

Torino, 23 febbraio 2012 - Numero cinquantaquattro

Su "Il Sole 24 Ore - Domenica" del 19 febbraio scorso è stato pubblicato un "manifesto per una costituente che riattivi il circolo virtuoso tra conoscenza, ricerca, arte, tutela e occupazione". Il titolo Niente cultura, niente sviluppo esprime assolutamente una verità da tenere presente, soprattutto per chi opera nei "luoghi della cultura". Al quarto punto si può leggere:

È importante anche che l'azione pubblica contribuisca a radicare a tutti i livelli educativi, dalle elementari all'università, lo studio dell'arte e della storia per rendere i giovani i custodi del nostro patrimonio, e per poter fare in modo che essi ne traggano alimento per la creatività del futuro. Per studio dell'arte si intende l'acquisizione di pratiche creative e non solo lo studio della storia dell'arte. Ciò non significa rinunciare alla cultura scientifica, che anzi deve essere incrementata e deve essere considerata, in forza del suo costitutivo antidogmatismo, un veicolo prezioso dei valori di fondo che contribuiscono a formare cittadini e consumatori dotati di spitito critico e aperto. La dicotomia tra cultura umanistica e scientifica si è rivelata infondata proprio grazie a una serie di studi cognitivi che dimostrano che i ragazzi impegnati in attività creative e artistiche sono anche i più dotati in ambito scientifico.

Tutto ciò deve sempre più diventare lo spirito animatore del progetto MAP, dove le arti e la memoria storica trovano la loro naturale collocazione all'interno del Politecnico.

Wednesday, February 22, 2012

Numero cinquantatre

Torino, 22 febbraio 2012 - Numero cinquantatre


Ieri sera è stato eletto il nuovo rettore del Politecnico, il professor Marco Gilli, a cui vanno i migliori auguri da parte di tutti i collaboratori di "Daily MAP News".

Tuesday, February 21, 2012

Numero cinquantadue

Torino, 21 febbraio 2012 - Numero cinquantadue


La Digitalis Mnemonca MAPensis M. è arrivata su "La Stampa" di oggi.

Numero cinquantuno

Torino, 20 febbraio 2012 - Numero cinquantuno


Ritrovate in un vecchio archivio, queste fotografie testimoniano la mostra "La formazione dell'ingegnere nella Torino di Alberto Castigliano" che si tenne nella Sala del Consiglio di Facoltà del Politecnico di Torino nel 1984. Tra gli organizzatori c'erano Angiola Maria Sassi Perino, Ugo Rossetti ed Edoardo Benvenuto. Da qui ebbe origine la rinascita delle collezioni del Politecnico.







Sunday, February 19, 2012

Numero cinquanta

Torino, 19 febbraio 2012 - Numero cinquanta


Accadeva nel 2005, quando assieme all'Università degli studi di Torino si cercò di trovare uno spazio dove incominciare l'avventura di un "repository" per le memorie materiali della Città delle Macchine. Si trattava di un capannone ex Fiat TTG in via Cuneo 20. Ma anche quella rimase soltanto "lettera morta".

Friday, February 17, 2012

Numero quarantanove

Torino, 18 febbraio 2012 - Numero quarantanove


Correva l’anno 1988 quando Alberto Rubinelli, novarese, titolare di una piccola azienda di sistemi per l’automazione industriale, salva dalla rottamazione un sistema di sviluppo della Intel. Era il primo pezzo di una collezione destinata a crescere. Di pari passo crescevano le esigenze di spazio dove ospitare tutto il materiale raccolto: dapprima la cantina di casa, poi il garage, infine l’affitto di un capannone. Nonostante gli sforzi, anche economici, continuassero a crescere, la raccolta proseguiva con caparbietà. Oggi il Museo del computer, anche se non ancora aperto al pubblico, è una realtà ricca di 4800 apparecchiature per un totale di oltre 2900 modelli differenti, cui si aggiungono i manuali di istruzione, i software, le periferiche e una grande quantità di parti di ricambio sciolte. Ad affiancare il fondatore adesso c’è uno sparuto gruppo di volontari che si occupano di piccole riparazioni elettriche e meccaniche, compiendo alle volte salvataggi al limite del possibile. Il lavoro di catalogazione, documentazione e schedatura dei reperti è poderoso e trova pratica attuazione grazie alla passione dei volontari che prestano la loro opera a titolo completamente gratuito. Il prossimo obiettivo del Museo è quelli di trovare una sede idonea per renderlo fruibile al grande pubblico, per renderlo un museo vivo, completamente diverso da un museo di oggetti morti. Forse, sono parole del fondatore, più che museo, potrebbe chiamarsi lo zoo dei computer. Anche gli obiettivi del CEMED sono quelli di trovare una sede idonea per rendere fruibile al grande pubblico l’immenso patrimonio storico scientifico conservato in Ateneo. In questo caso, potremmo forse parlare di zoo della scienza? (Gianfranco Albis)

Numero quarantotto

Torino, 17 febbraio 2012 - Numero quarantotto

CARLO ALBERTO CASTIGLIANO (Asti, 1847 – Milano, 1884)
Laurea in Ingegneria civile, 1873


“Consideriamo un sistema elastico formato di parti soggette a torsione, flessione o scorrimento trasversale, e di verghe congiunte a snodo con quelle parti e fra loro: io dico che se questo sistema viene sottoposto all'azione di forze esterne cosicché esso si deformi, le tensioni delle verghe dopo la deformazione sono quelle che rendono minima l'espressione del lavoro molecolare del sistema, tenendo conto delle equazioni che si hanno fra queste tensioni, e supponendo costanti le direzioni delle verghe e delle forze esterne.”

Riconosciuto come uno dei padri fondatori della moderna ingegneria strutturale, Carlo Alberto Castigliano nel breve arco della sua vita conquistò notorietà a livello internazionale come scienziato e conseguì significativi riconoscimenti sia come ingegnere civile, sia come funzionario delle Ferrovie, in un epoca in cui il ponte ferroviario rappresentava la più alta espressione dell’arte costruttiva.
Nato in una famiglia di modeste origini, rimase orfano di padre a 16 anni e dopo aver frequentato il triennio nell’Istituto Tecnico di Asti si iscrisse al quarto anno dell’Istituto Industriale di Torino, dove alternò gli studi con lavori saltuari.
Conseguito il diploma di perito meccanico a pieni voti e superato un esame al Regio Museo Industriale di Torino, divenne professore di Meccanica applicata, Costruzione ed Estimo al Regio Istituto Tecnico di Terni: durante i quattro anni di permanenza nella cittadina umbra Castigliano studiò matematica e, rientrato a Torino nel 1870, si iscrisse alla Facoltà di scienze fisiche, matematiche e naturali di Torino. Dopo un solo anno, forse unico esempio nella storia dell’Ateneo piemontese, sostenne per speciale autorizzazione a lui concessa, tutti gli esami del triennio di matematica superandoli brillantemente.
Nel 1871 si iscrisse alla Scuola di applicazione per gl’ingegneri e nella tesi di laurea Intorno ai sistemi elastici (1873) dimostrò il Teorema del minimo lavoro, già enunciato nel 1858 da Luigi Federico Menabrea. Nel 1875 pubblicò presso l'Accademia delle Scienze di Torino una Nuova teoria intorno all’equilibrio dei sistemi elastici, con cui teorizzò un nuovo metodo di calcolo sulle derivate del lavoro di deformazione, conosciuto oggi come "teorema di Castigliano".
Parallelamente all’attività scientifica svolse la carriera professionale di ingegnere delle Strade Ferrate Alta Italia (SFAI), dove fu assunto nel 1873 come capo reparto manutenzione nella sede di Alba per essere trasferito l’anno seguente a Torino e nel 1875 alla sede centrale dell'Ufficio d'Arte a Milano per la progettazione e l'alta sorveglianza tecnica di tutte le principali opere della rete ferroviaria dell'Alta Italia; nel 1878 fu nominato capo sezione.
Fu l’inventore del micrometro moltiplicatore (misuratore dell’intensità degli sforzi dei vari elementi in una costruzione metallica) e dell’aritmografo. (Olivia Musso)

Numero quarantasette

Torino, 16 febbraio 2012 - Numero quarantasette

Il presidente della ANMS - Associazione Nazionale Musei Scientifici di fronte a un crescente disinteressamento della comunità scientifica nei confronti del patrimonio storico delle università e a seguito di un lungo silenzio dal parte della Conferenza dei Rettori delle Università Italiane ha scritto questa lettera, i cui contenuti sono assolutamente condivisi da parte del referente rettorale per il Museo del Politecnico, prof. Vittorio Marchis




Chiar.mo prof. Marco Mancini
Presidente CRUI
Palazzo Rondanini, Piazza Rondanini 48
00186 Roma
Torino, 15 febbraio 2012


Magnifico Rettore e illustre Presidente,

le Università italiane possiedono uno straordinario patrimonio in beni culturali scientifici conservato nei loro musei. Si tratta di collezioni di grande rilevanza internazionale, che rappresentano la testimonianza materiale di un prestigioso passato e che costituiscono preziosi strumenti di ricerca, di insegnamento e di comunicazione scientifica.

In molte sedi - e non solo in Italia - questo patrimonio non è stato adeguatamente conservato e valorizzato nel corso del Novecento. La CRUI ha il grande merito di aver creato, nel 1999, una Commissione Musei incaricata di formulare proposte per la conoscenza, tutela, fruizione e promozione di questo patrimonio.

Conosco bene l'importanza dell'opera svolta dalla Commissione, anche perchè ne faccio parte fin dall'inizio come delegato dell'Università di Torino. In particolare, la collaborazione con l'Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione per la realizzazione di schede catalografiche per le diverse tipologie di collezioni si è rivelata preziosa in questi ultimi anni.
Da molto tempo però la Commissione non è più stata riunita. Noto anche che non è più indicata sul sito web della CRUI. Questo è causa di preoccupazione nell'ambito dell'Associazione che presiedo e che riunisce la grande maggioranza dei musei scientifici italiani, molti dei quali sono musei universitari. I Delegati rettorali che rappresentano i diversi Atenei nella Commissione Musei della CRUI sono quindi anche persone che afferiscono a musei nostri soci istituzionali. Inoltre, la nostra Associazione ha sempre avuto nella Commissione Musei un importante interlocutore per i problemi che riguardano i musei universitari.

Facendomi portavoce di queste preoccupazioni, La invito a valutare la possibilità di riattivare concretamente i lavori della Commissione Musei, procedendo, in tempi possibilmente brevi, alla nomina del suo Presidente. Mi rendo conto che stiamo vivendo un momento non facile per le Università italiane, ma proprio per questo è importante poter disporre di uno strumento di tutela e valorizzazione così importante come è stata fin dall'inizio la Commissione Musei della CRUI.

La prego, illustre Presidente, di voler gradire i miei più cordiali saluti.

Il Presidente
Giacomo Giacobini

Tuesday, February 14, 2012

Numero quarantasei

Torino, 15 febbraio 2012 - Numero quarantasei


Una nuova frontiera di arte e tecnologia è rappresentata dal Kinetika Museum di Londra, che non ha attualmente una sua sede istituzionale, ma crea exhibition cinetiche in vari spazi come museo diffuso. Il museo si è affermato come uno dei più importanti centri artistici della città, ottenendo svariati riconoscimenti per le sue mostre, i workshop, gli incontri con gli artisti e le performance. In questi anni ha esposto i migliori esempi di arte cinetica, elettronica e tecnologica del presente e del passato; nel 2009 ha dato vita all’appuntamento ormai annuale della Kinetica Art Fair, che raccoglie gallerie, musei, organizzazioni culturali e artisti da tutto il mondo che si confrontano sui concetti universali e sui processi evolutivi legati alla robotica, all’elettronica, alla luce, alla musica, all’arte dei nuovi media, alla tecnologia, alla scienza, alla cinetica. Quest’anno è stata inaugurata l’8 febbraio nella centralissima sede della University of Westminster (di fronte a Madame Tussauds per intenderci) nei pressi di Baker Street e si concluderà domenica con il titolo “Time, Transformation and Energy”: il programma è molto fitto fra mostre, conferenze, performance live e incontri. (Olivia Musso)

Numero quarantacinque

Torino, 14 febbraio 2012 - Numero quarantacinque


www.museotorino.it è il museo della Città di Torino aperto il 17 marzo 2011 in occasione del 150° anniversario dell’Unità d’Italia. Il MuseoTorino Attraverso il supporto multimediale e crossmediale del Web permette di approfondire la conoscenza della Città, della sua storia, dei suoi monumenti, delle sue istituzioni.

La Biblioteca di MuseoTorino nasce con l’obiettivo di fornire indicazioni sulla collocazione dei testi citati nelle schede all’interno delle biblioteche dell’area metropolitana torinese e di mettere a disposizione, in formato digitale, testi su Torino e la sua storia, a partire da quelli antichi e rari. La realizzazione della biblioteca di MuseoTorino è sostenuta dalla Compagnia di San Paolo e prevede, oltre lo sviluppo della biblioteca digitale, lo studio e la sperimentazione di un MetaOPAC in grado di consentire l’accesso, oltre che alle biblioteche aderenti al Sistema Bibliotecario Nazionale, i cui cataloghi sono accessibili attraverso “Librinlinea”, anche alle biblioteche universitarie che non ne fanno parte. All'iniziativa partecipa anche direttamente il Politecnico di Torino.

Tra i vari libri digitalizzati si possono trovare:

Catalogo dei prodotti dell'industria de' R. Stati ammessi alla seconda triennale pubblica esposizione dell'anno 1832 nelle sale del R. Castello del Valentino e degli oggetti di belle arti che ne accrescono l'ornamento, Tipografia Chirio e Mina, Torino, 1832.

Carlo Ignazio Giulio, Quarta Esposizione d'industria e di belle arti al Real Valentino. Giudizio della Regia Camera di Agricoltura e di Commercio di Torino e notizie sulla patria industria, Stamperia Reale, Torino 1844.

e nella ricca biblioteca digitale si possono trovare molti testi che direttamente sono legati alle origini del nostro Ateneo.

Monday, February 13, 2012

Numero quarantaquattro

Torino, 13 febbraio 2012 - Numero quarantaquattro



Sono arrivati al Museo nuovi strumenti elettronici e ... manca lo spazio.

Sunday, February 12, 2012

Numero quarantatre

Torino, 12 febbraio 2012 - Numero quarantatre




Due paradigmi, per il futuro

Forse, nel clima di incertezze in cui ci troviamo, l'equilibrio si troverà a metà strada tra questi due "concetti", anche con il supporto dell'arte. (vm)

Numero quarantadue

Torino, 11 febbraio 2012 - Numero quarantadue

Cronache politecniche


Il MAP ha contribuito nel 2010 alla memoria del Politecnico, pubblicando Cronache politecniche un libretto, scritto in italiano, inglese e cinese, che presenta agli studenti, ma anche a quanti vengono in contatto con questa istituzione, gli eventi che ne hanno segnato la storia, corredandoli con una galleria di immagini delle collezioni storiche conservate nei vari dipartimenti, oggi distretti. La scelta pubblicare un’opera in tre lingue ha voluto essere un segnale della internazionalizzazione che sta diventando uno dei temi portanti dello sviluppo dell’Ateneo che si apre ai nuovi scenari della globalizzazione, tra occidente e oriente. (Olivia Musso)

Friday, February 10, 2012

Numero quarantuno

Torino, 10 febbraio 2012 - Numero quarantuno

Si diceva centoundici anni fa...

È stato detto con ragione che il disegno è la lingua universale dell'ingegnere. Perciò non sarà mai abbastanza raccomandato all'allievo di dedicarsi a questo esercizio con molta assiduità. Disegnando egli completerà le sue cognizioni acquistate nelle lezioni orali, egli potrà esaminare accuratamente i singoli casi particolari, e constatare la regolarità dei movimenti dei vari meccanismi. Solo in tal modo potrà acquistare una perfetta conoscenza teorica delle macchine. A ciò è indispensabile aggiungere le cognizioni pratiche, mediante l'osservazione e l'accurato esame delle effettive macchine, che i professori dovranno continuamente mostrare, facendone notare il loro funzionamento.
E per viemmeglio iniziare l'allievo nelle quistioni pratiche riflettenti le macchine, la Scuola deve avere a sua disposizione un laboratorio di meccanica sperimentale, per eseguire le prove sulla resistenza dei materiali, per le ricerche sul rendimento utile delle macchine, per nuovi studi sopra varie quistioni importanti non ancora completamente risolte. In tali laboratori l'allievo acquista inoltre la perizia necessaria nel maneggio, nell'aggiustamento, nella montatura delle macchine, onde non abbia poi a trovarsi a disagio, e quasi in un mondo nuovo per lui, nelle vere officine meccaniche, o umiliato davanti ad esperti operai. Gli esperimenti fatti nel laboratorio di meccanica, dietro la sapiente direzione del professore, debbono servire a meglio chiarire e confermare le teorie svolte nelle lezioni orali. Epperò questi esperimenti debbono procedere parallelamente e coordinatamente ai corsi, debbono farsi di volta in volta per tutto l'anno scolastico a seconda del bisogno. Questi laboratori servono anche a perfezionare e stimolare i Professori a fare nuove ricerche, e possono essere di un grande vantaggio anche agli industriali che desiderassero esperimentare qualche loro trovato, e contribuire così ai miglioramenti delle industrie. L'importanza di questi laboratori è stata oramai riconosciuta da tutte le Scuole degli ingegneri del mondo. [...]
Bisogna procurare che il giovine ingegnere porti nelle industrie le cognizioni apprese nella scuola, e non aspettare che egli impari quando sarà nelle industrie. Sarebbe anche opportuno che le materie principali fossero trattate nelle varie sezioni con indirizzi differenti, cioè estesamente, o per sommi capi, secondo lo scopo che si vorrebbe raggiungere. Nella educazione dell'ingegnere si dovrebbe avere riguardo al principio d'insegnare con molta ampiezza ciò che deve formare la sua specialità, e con sole vedute generali le altre scienze, onde esso venga a conoscere i rapporti che tale specialità ha con tutti gli altri rami dell'ingegneria. [...]
La scuola degli ingegneri bene organizzata deve dare agli allievi una estesa ed elevata coltura generale; deve insegnargli non solo i migliori procedimenti tecnici, ma anche indirizzarli alle vaste vedute sociali, agli scopi finali che voglionsi raggiungere cogli studi tecnici, cioè: il benessere delle popolazioni e la ricchezza delle Nazioni; deve vivificare l'insegnamento tecnico con la conoscenza di tutto quanto ha rapporto alla vita ed alle condizioni economiche dei popoli. La scuola non ha solo da preparare i futuri ingegneri, ma uomini che sappiano far progredire le industrie, per la grandezza della Nazione, affinchè essa possa tenere degnamente il suo rango fra le altre Nazioni.

(da: Le scuole degli ingegneri e la loro influenza nell'opera dell'incivilimento umano, Discorso dell'Ing. Cav. Domenico TESSARI, Professore di Cinematica applicata alle macchine, per l’inaugurazione dell’anno accademico 1900-1901 del Regio Museo Industriale Italiano)

Wednesday, February 8, 2012

Numero quaranta

Torino, 9 febbraio 2012 - Numero quaranta


ANGELO BOTTIGLIA (San Maurizio Canavese - TO, 1850 – Torino, 1934)
Laurea in Ingegneria civile, 1872


Dopo la laurea Bottiglia iniziò la sua carriera nell'ambito delle costruzioni civili e in poco tempo fu nominato ingegnere del servizio del materiale nelle ferrovie della Società Alta Italia, dove si distinse con un progetto di trasformazione delle vecchie locomotive Stephenson. Grazie a questi interessi, nel 1885 Bottiglia divenne prima assistente presso la Scuola di applicazione per gl’ingegneri e in seguito professore di Composizione di macchine presso il Regio Museo Industriale Italiano. Fu anche docente di Cinematica e di Meccanica applicata in altri istituti torinesi.
Nel 1896 Bottiglia ottenne la cattedra di Composizione di macchine presso la Scuola di applicazione per gl’ingegneri, che mantenne per trent’anni fino al 1926 e fu molto amato e stimato dai suoi allievi, al punto che, quando fu fondata l'Associazione Amichevole Ingegneri Laureati del Valentino (1908), i suoi studenti lo nominarono presidente a vita.
Al termine della sua attività accademica gli venne consegnata una medaglia d'oro e una pergamena: in quella occasione si annunciò la fondazione di un premio annuale intitolato ad Angelo Bottiglia, per lo studio della Composizione di macchine.
Fu membro della Reale Accademia di Agricoltura, direttore del Regio Deposito di Macchine Agrarie, componente del Comitato Forestale, commissario e relatore di Giurie in Esposizioni nazionali e internazionali, presidente del Comizio Agrario di Ivrea, della Società Termotecnica Italiana, dell'Associazione Ingegneri del Valentino, consigliere della Città di Ivrea e consigliere provinciale. (Olivia Musso)

Tuesday, February 7, 2012

Numero trentanove

Torino, 8 febbraio 2012 - Numero trentanove


“La collezione di meraviglie – come nasce intorno alla metà del Cinquecento – è pensata come una collezione in cui possono convivere insieme i prodotti, i reperti della natura dei tre regni minerale, vegetale, animale e ciò che l’uomo fa con le sue mani, quindi le opere d’arte. […] Io credo che proprio quello che stiamo vivendo oggi non solo è il momento forse massimo di divaricazione tra arte e scienza, ma anche un momento di grande perdita della “meraviglia”. Siamo molto disincantati e forse crediamo di avere già scoperto tutto, di avere visto tutto. E invece ritengo che sia necessario più che mai, oggi, riproporre il tema della meraviglia, che ci sia un grande bisogno di meraviglia nelle persone. […] Immaginiamo cosa succederebbe oggi se scoprissimo un nuovo mondo: probabilmente avremmo di nuovo un grande impulso all’idea di meraviglia, e dovremmo fare quello che hanno fatto i nostri antenati, proprio rifare il catalogo del mondo, perché le nostre conoscenze si rivelerebbero insufficienti, allora, per capire tutto. […]”. Il testo è tratto da un’intervista rilasciata da Adalgisa Lugli per la rubrica “Il mondo delle immagini” a cura di Claudio Nembrini, diffusa dalla Radio Svizzera italiana l’11 luglio 1986 e ripresa nel libro Le stanze delle meraviglie – Wunderkammern edito da Umberto Allemandi & C. in Torino, novembre 1997, pag. 28, che raccoglie saggi, articoli e relazioni della Lugli in parte già apparsi in varie pubblicazioni, in parte inediti.


Nell'autunno del 1993, presso la Facoltà di Architettura del Politecnico il prof. Vittorio Marchis, inaugurò nella Sala delle colonne del Castello del Valentino una mostra intitolata "WK WunderKammer, a margine della storia della tecnologia" in cui si raccoglievano reperti, filmati e rilievi effettuati dagli studenti del suo corso di Storia della tecnologia negli anni precedenti, nell'ambito delle loro esercitazioni sul campo: una vera "sala delle meraviglie". (Gianfranco Albis)

Monday, February 6, 2012

Numero trentotto

Torino, 7 febbraio 2012 - Numero trentotto


PAOLO VERZONE (Vercelli, 1902 – Torino, 1986)
Laurea in Ingegneria civile, 1925


Vercellese di nascita e torinese di studi, Paolo Verzone progettista e restauratore, storico dell’architettura medievale e antica, professore ordinario ed emerito presso la Facoltà di architettura di Torino, è soprattutto ricordato come fondatore della Missione Archeologica Italiana a Hierapolis di Frigia (Turchia).
Subito dopo la laurea emerge il suo interesse per la pratica progettuale, per le tecniche costruttive e per i temi strutturali non disgiunti dall’analisi compositiva: appena ventiseienne è chiamato a restaurare la sede espositiva di Casa Alciati del Museo Leone di Vercelli e successivamente interviene al restauro della Basilica di S. Andrea.
Dopo gli anni Trenta abbandona il dibattito sul restauro architettonico, volgendo i propri campi di interesse all’esclusivo studio e insegnamento della storia, seguendo la “lezione”, allora pressoché inascoltata nel panorama italiano, di due dei suoi maestri riconosciuti: l’americano Arthur Kingsley Porter e il catalano Joseph Puig i Cadafalch. Dai loro studi Verzone trarrà spunto per definire il proprio personale e innovativo metodo di ricerca, che sarà ben evidente nelle sue opere (L'architettura romanica nel Novarese, 1932-37; L’architettura romanica nel Vercellese, 1934; L’architettura religiosa dell’Alto Medio-evo nell’Italia Settentrionale, 1942; Da Bisanzio a Carlo Magno, 1967). La carriera accademica presso il Politecnico di Torino lo vede docente di Storia e stili dell’architettura, Caratteri stilistici e costruttivi e Restauro dei monumenti, ma la grande svolta nell’attività professionale avviene nel 1951 quando il Ministero italiano degli Affari Esteri e quello della Pubblica Istruzione sollecitano lo stesso Politecnico a presentare la candidatura di Verzone per la cattedra di Storia dell’architettura presso la Facoltà di architettura della Teknik Universitesi di Istanbul. Nel 1953-54 partecipa ai lavori di scavo della Missione Archeologica di Side (Panphilia), guidati dall’archeologo turco Arif Müfid Mansel che gli affida lo studio del ninfeo monumentale nei pressi della porta onoraria e quelli di un grande mausoleo nella necropoli occidentale. Il 6 agosto 1957 infatti Paolo Verzone avvia la prima campagna della Missione Archeologica Italiana a Hierapolis di Frigia (ora Pamukkale) per concessione del Governo turco. Il sito archeologico di Hierapolis occupa un’area di circa 1000 per 800 m e rappresenta una delle più ricche testimonianze del passato ellenistico-romano dell’Asia Minore con vastissime necropoli, un complesso sacro dedicato ad Apollo accanto alla misteriosa grotta del Plutonion, un teatro di oltre 100 m di diametro, un complesso termale, la più grande agorà dell’Asia Minore, il martyrium di San Filippo. Paolo Verzone dirige fino al 1981 la Missione Archeologica Italiana a Hierapolis di Frigia, che nel 1988 è stata inserita dall’UNESCO tra i monumenti appartenenti al patrimonio dell’umanità. Dopo la morte di Paolo Verzone la Missione ha proseguito ininterrottamente il lavoro di ricerca e di restauro da lui avviato. (Olivia Musso)

Sunday, February 5, 2012

Numero trentasette

Torino, 6 febbraio 2012 - Numero trentasette


I locali del Museo e del Centro di Documentazione Storica del Politecnico attualmente si trovano in un basso fabbricato, sito in via G. Cavalli, 22/H, nel cortile... in attesa di una sede più "adatta".

Saturday, February 4, 2012

Numero trentasei

Torino, 5 febbraio 2012 - Numero trentasei

Jean Baptiste Perrin, professore alla Sorbona di Parigi, ricercatore nel campo della fisica molecolare, premio Nobel per la fisica nel 1926, constatato il grande successo dell’esposizione internazionale Arts et Techniques dans la Vie moderne che si tenne a Parigi nel 1937, si adoperò per trasformare l’evento in un museo e centro culturale permanente. Ne nacque il Palais de la découverte con lo scopo e l’ambizione di promuovere la scienza e le sue scoperte. Oggi il “sogno” è diventato un vero e proprio centro scientifico, con più di mezzo milione di visitatori all’anno, che rende la Scienza accessibile a tutti, in particolar modo al pubblico dei più giovani, organizzando quotidianamente dei “percorsi conoscitivi” di grande successo. Perrin, parlando degli altri musei della scienza e della tecnica sparsi per il mondo, dichiarò: “locali e crediti non sono sufficienti per queste istituzioni che devono essere costruite dallo spirito e dalla passione degli uomini più che dalle pietre […]”. (Gianfranco Albis)

Numero trentacinque

Torino, 4 febbraio 2012 - Numero trentacinque

Collezione di Meccanica e di modelli di costruzione (Castello del Valentino). - Questa collezione iniziata dal fu Comm. Ignazio Giulio quando dirigeva l'antico Istituto tecnico, (soppresso poi dalla legge 13 novembre 1859) era formata in sulle prime in massima parte di modelli di cinematica applicata alle macchine, scienza della quale il Giulio era insigne maestro ; venne dappoi arricchita di apparecchi dinamometrici e cronometrici, di macchine e strumenti relativi alla fisica, di modelli di macchine idrauliche e di macchine a vapore. Gli allievi ingegneri hanno in questa collezione il mezzo di conoscere e di sperimentare tutte le teorie della Meccanica. Essa trovasi al lato nord del Castello. Nella parte centrale a sinistra dell'atrio havvi una raccolta di modelli in legno e in metallo, di ponti, di tettoie, di volte e di altre simili costruzioni. (Pietro Baricco, Torino descritta, Torino : Tipografia G.B. Paravia e C., 1869, p. 660)

Thursday, February 2, 2012

Numero trentaquattro

Torino, 3 febbraio 2012 - Numero trentaquattro

Molti dei reperti e delle macchine delle collezioni storiche del Politecnico di Torino, non trovando altra sistemazione, attualmente sono collocati in una decina di container. Per quanto tempo durerà questa soluzione?

Numero trentatre

Torino, 2 febbraio 2012 - Numero trentatre

Eugenio Bolley, Perforare per unire, 2011

Nella società delle tecnologie della informazione e della comunicazione la materialità tende a sfumare e a far dimenticare che dietro il software c’è l’hardware, fatto di massa e di energia. Le macchine fantastiche di Eugenio Bolley rendono concreti i sogni di chi riesce a trasfigurare le “cose” più comuni in realtà fantastiche, dando loro la concretezza della materia e la lucentezza dei colori. Mostrare a chi dovrà domani progettare il nostro futuro, anche nel rigore di un contesto “politecnico”, che è necessario lasciare spazio alla fantasia, senza dimenticare che a fianco dell’homo sapiens e dell’homo faber deve sempre coesistere anche l’homo ludens è l’idea centrale della Mostra. Perché il gioco sta alla base non solo dell’innovazione, ma anche dell’etica della ricerca scientifica.
Eugenio Bolley ricupera oggetti comuni, rubinetti e dischi di frizioni, bulloni e raccordi idraulici e li fa diventare macchine fantastiche, per stimolare nuovi pensieri che si dipanano nei sentieri di un pensiero “laterale”. La scelta di portare le macchine di Eugenio Bolley al Politecnico non suona soltanto come una provocazione, ma vuole iniziare un nuovo percorso in grado di coniugare arte e tecnologia, come è accaduto in molte manifestazioni intorno alla diffusione della cultura scientifica come per esempio a Bologna con “Arte e Scienza in Piazza”. La scelta di esporre due “macchine perforatrici” è motivata dal fatto che furono proprio i grandi trafori delle Alpi (Frejus e Sempione) – il risultato di una innovativa cultura politecnica - a proiettare il nostro paese su uno scenario europeo non appena si compì la Unità d’Italia. Per questo motivo la Mostra che ha avuto luogo al Politecnico di Torino dal 24 al 30 marzo 2011 è stata inserita nel programma delle manifestazioni di “Esperienza Italia 150”. (dal comunicato stampa della mostra)


Uno schizzo di Vittorio Marchis

Wednesday, February 1, 2012

Numero trentadue

Torino, 1° febbraio 2012 - Numero trentadue

Digitalis Mnemonica MAPensis M.

E’ un arbusto ramificato actinomorfo appartenente alla famiglia delle Memoriacee. La pianta raggiunge un’altezza di circa un metro, ha caratteristiche eliofile, ma una sua prolungata esposizione al sole può deteriorarne la struttura. Non presenta un tessuto meristemale di tipo tradizionale, e cresce su terreni ricchi di ferro ai quali è “saldamente” ancorata, memori di processi alla Martin-Siemens, ma anche alla Bessemer oppure alla Thomas. Il fusto aereo, eretto, si presenta, negli esemplari giovani, di colore grigio, con lucentezza metallica e con epitelio “filettato”. Negli esemplari adulti, a causa di fenomeni ossidativi, il colore del fusto tende a diventare scuro, rosso-brunastro, quasi “rugginoso”. Le foglie verticellate, bifacciali, prive di picciolo, di forma rettangolare, senza nervature, si presentano con spessore considerevole e con margine liscio. La faccia adassiale e quella abassiale presentano sostanziali differenze morfologiche, colorazione scura e consistenza coriacea. Sulla faccia abassiale è presente un alveolo circolare in cui si alloca il frutto nastriforme, flessibile, avvolto in spire ben serrate, con lunghezza di alcune centinaia di metri. Ricco di polietilentereftalato, ossido ferrico e biossido di cromo, in passato era particolarmente ricercato per la sua funzione mnestica. Varietà già ampiamente coltivata e utilizzata, a causa degli alti costi di coltivazione è stata ora completamente abbandonata e dismessa a favore di nuovi esemplari succedanei di sintesi. Dopo lunghe ricerche, scoperta negli anfratti di ambienti dismessi, la Digitalis menomica mapensis M. - così chiamata dal suo scopritore Vittorio Marchis che ha voluto associarla a un nome da un lato memore della sua passata funzione e dall’altro legato al suo attuale ambiente protetto - è stata riportata a nuova vita con una operazione che solo gli strumenti della trasfigurazione artistica ne hanno permesso, si spera, la perpetuazione della specie. (Scheda politecnobotanica redatta da Gianfranco Albis, nel dicembre 2011)


La Digitalis Mnemonica nella "grand cour" del Politecnico, oggi.