Torino, 7 gennaio 2012 - Numero sei
“Attualmente, in mancanza di una sede specifica, il Museo del Politecnico di Torino è costretto a lasciare parte del materiale di sua proprietà in affidamento ai dipartimenti e a stipare in un magazzino il rimanente. In queste condizioni, i reperti non sono facilmente visibili; finora, le sole occasioni di apertura al pubblico sono state le mostre annuali – in ognuna delle quali sono stati esposti i pezzi più significativi riguardanti un particolare settore – e le visite guidate all’interno dei dipartimenti, organizzate nell’ambito delle Settimane per la cultura scientifica. È quindi evidente la necessità del museo di possedere una sede in cui poter sistemare le collezioni complete in esposizione permanente e altri pezzi in un magazzino-laboratorio, dove siano accessibili per uso didattico e per studio anche da parte di scolaresche o visitatori singoli non appartenenti al Politecnico. La sede deve avere caratteristiche tali da permettere di trasportare con facilità il materiale, in caso di mostre temporanee, all’interno e all’esterno del Politecnico, e deve essere vicina all’ateneo non soltanto per motivi funzionali, ma anche per mantenere la sua identità storico-culturale. Nell’area lasciata libera dalle Officine ferroviarie, adiacente a quella occupata dal Politecnico, esistono due fabbricati che presentano tutte le caratteristiche richieste per la sede del museo e, inoltre, appartengono allo stesso terreno culturale in cui si radicano le scuole di ingegneria: si tratta del “capannone ad H” e della palazzina degli uffici. Il primo, di grande capienza, dotato di attrezzature quali carro-ponti e rotaie, permetterebbe la conservazione delle collezioni e dei pezzi più ingombranti e pesanti; al suo interno si potrebbero inoltre ricavare locali da adibire ad attività culturali, quali mostre e convegni. Il secondo è invece particolarmente adatto per l’allestimento delle collezioni di strumenti e modelli di piccole dimensioni. Sarebbe quindi auspicabile che queste costruzioni non venissero destinate ad altri usi meno adatti e, tantomeno, venissero demolite. […]”
Così scriveva Angiola Maria Sassi Perino nel suo saggio Il Museo delle attrezzature per la didattica e la ricerca del Politecnico di Torino (in: I luoghi del sapere scientifico e tecnologico, a cura di Fredi Drugman, con introduzione di Sergio Brenna, Torino : Rosenberg & Sellier, 1994, pp. 236 sgg.). Tutto ciò accadeva quasi vent’anni fa. (Gianfranco Albis)
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