Friday, January 13, 2012

Numero tredici

Torino, 14 gennaio 2012 - Numero tredici

Già nel 2002 in seno al Cemed si prese coscienza delle difficoltà di far nascere un polo museale a totale carico dell’Ateneo e si incominciò a pensare a un progetto più ampio che coinvolgesse più realtà a livello cittadino. Il progetto "Hortus Memoriae" prevedeva la valorizzazione dell’area del Valentino e del quartiere San Salvario. Nel seguito è riportato il testo integrale di una lettera datata 4 novembre 2002 e indirizzata al responsabile della Divisione Servizi Culturali, Settore Musei della Città di Torino.


Con riferimento alla riunione del 5 novembre prossimo e relativa alla nuova sistemazione museale della Collezione Garnier Valletti, mi preme porre in evidenza come, ben al di là della lodevole iniziativa di integrare nei locali della facoltà di Medicina dell’Università degli Studi di Torino numerosi musei scientifici cittadini, nell’area del Parco del Valentino si sia stratificata ormai da quasi tre secoli una memoria della scienza e dell’innovazione che merita una particolare attenzione. Dall’Orto Botanico (1729), al Castello del Valentino già utilizzato per le prime esposizioni di arti e industrie (1803) e quindi sede della Scuola di applicazione per gli ingegneri (1859), alla sede della Società Promotrice di Belle Arti (1842), al Borgo medievale (1884), [all'Istituto Elettrotecnico Nazionale Galileo Ferraris (1934),] al Giardino roccioso inaugurato in occasione dell’Esposizione Flor’61 (1961), al Palazzo delle Esposizioni con opere architettoniche di Ettore Sottsass (1938), di Pier Luigi Nervi (1948) e di Riccardo Morandi (1960), nell’area del Parco del Valentino, già pedonalizzata, esiste una concentrazione di istituzioni già attive che meriterebbero una integrazione, la quale renderebbe ragione dei contesti culturali e degli sviluppi storici che la scienza e la tecnologia torinese hanno vissuto.
La possibilità di collocare il Museo Archivio del Politecnico (“Progetto MAP”) nella “manica Chevalley”, l’ala ottocentesca del castello costruita nella seconda metà del XIX secolo per ospitare i laboratori della Scuola di ingegneria, e la stessa vicinanza dell’Archivio Storico Fiat in Corso Dante, dove sorse uno dei primi nuclei industriali della Città, sono infine due ulteriori conferme che il “luogo” può veramente diventare un “Hortus Memoriae” dove in una nuova dimensione le testimonianze del passato siano “coltivate” e alimentate, e non solo “conservate”, per rendere sostenibile il futuro di Torino. La topografia del luogo e il suo inserimento nel contesto urbano, anche solo a un primo sguardo appare ricco di “caratteristiche” che altrove sarebbero ben difficilmente replicabili anche sul piano storico-filologico. Il titolo scelto di “Hortus Memoriae” possa servire anche solo da stimolo per aprire un dibattito da cui si spera possa nascere un’iniziativa concreta. Ringrazio per l’attenzione.

il direttore del Centro
prof. Vittorio Marchis

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